San Giovanni nella rada di Portoferraio

San Giovanni nella rada di Portoferraio

Giunto al sesto anno di ricerche, lo scavo della villa rustica di San Giovanni nella rada di Portoferraio da quest’anno si è dotato di un nuovo mezzo di finanziamento per portare avanti le proprie attività: Crowdfunding, San Giovanni WANTS You

AITHALE è alla base dell’ideazione del progetto, nata con l’intento di favorire la ripresa degli studi e della ricerca sull’Isola d’Elba. Particolare attenzione viene data agli aspetti legati all’archeologia mineraria, all’archeometallurgia e alla produzione siderurgica antica e con il passare del tempo si è trasformato in un ibrido tra ricerca di archeologia dei paesaggi e archeologia pubblica.

San Giovanni è una fattoria romana che nasce in riva al mare, nella rada di Portoferraio, attorno al 100 a.C., in un sito fino a quel momento caratterizzato da un’intensa lavorazione dei minerali di ferro. Il paesaggio cambia di colpo e i forni per la riduzione del ferro lasciano il posto ai vigneti e alle cantine in cui si produceva vino. Questa fattoria rappresenta la pars rustica della soprastante villa delle Grotte. L’abbandono del sito è segnato da un incendio avvenuto nel I secolo d.C. Proprietario della villa delle Grotte e della fattoria di San Giovanni fu, probabilmente, Marco Valerio Messalla, condottiero, princeps senatus e, infine, fondatore di uno dei più importanti circoli culturali della Roma augustea. La villa passò al figlio adottivo Aurelio Cotta Massimo Messalino, che vi ospitò il poeta Ovidio prima della partenza di quest’ultimo per l’esilio nel Mar Nero.

Essendo Siena una delle “basi” di Let’s Dig Again, abbiamo sfruttato l’occasione per intervistare uno dei responsabili del progetto AITHALE e dello scavo di San Giovanni, il Prof. Franco Cambi che si occupa dell’insegnamento di archeologia dei paesaggi presso l’Università degli Studi di Siena.

Perché la scelta del crowdfunding come mezzo di finanziamento?
Il crowdfunding serve sostanzialmente per acquistare cibo e servizi extra, oltre che per compensi riguardanti determinate attività di documentazione e rilievo. Una parte delle spese sono sostenute dal Comune di Portoferraio per quanto concerne la mensa scolastica e la ruspa per la rimozione del terreno. Le “alleanze” con Italia Nostra Arcipelago Toscano e altre associazioni locali servono sia a indirizzare le strategie del progetto sia per l’ulteriore sostegno finanziario.

Come si riflette l’attività di archeologia pubblica sulla comunità locale?
Il rapporto è ottimale, c’è una grande domanda di cultura raccontata, condivisa, partecipata e quindi resa pubblica. Lo spazio di scavo archeologico è usufruito da noi scavatori e da una grande quantità di scolaresche, una media di quattro/cinque classi al giorno, infatti il mio nuovo mestiere non è più solo quello di archeologo ma anche di raccontatore di storie, dal mito degli Argonauti all’industrializzazione della rada in tempi recenti. Oltre a questo, è stato attivato il progetto di Alternanza scuola-lavoro che permette a dieci studenti del Liceo Classico di Portoferraio, suddivisi in due turni, di partecipare allo scavo per due turni di due settimane ciascuno tra Settembre e Ottobre. Aiutano nella gestione del magazzino, primo intervento sui materiali archeologici e ognuno di loro scrive una racconto storico sulla rada alla conclusione dell’esperienza. Gli stage di alternanza scuola lavoro non riguardano solo lo scavo della piccola villa della rada di Portoferraio ma anche la più imponente Villa delle Grotte, dove vengono recuperati all’uso pubblico sempre più spazi. Le attività variano a seconda di ciò che studiano i ragazzi; per esempio gli studenti dell’agrario hanno partecipato alla potatura degli olivi sul sito, quelli del classico hanno sviluppato un’interazione tra fonti archeologiche e letterarie.

Si è instaurato un legame tra gli studenti universitari impegnati sullo scavo e la comunità locale?
Il discorso è un po’ spinoso. Alcuni hanno sviluppato un legame molto forte e un patrimonio di conoscenza che va oltre la campagna di scavo e prevede attività di diffusione culturale in musei, nelle scuole, presso l’Università del Tempo Libero e Italia Nostra. Ci sono legami che variano da anno ad anno e da persona a persona. Lo studente medio deve comunque essere sollecitato e stimolato.

Quali sono le prospettive future?
Volendo essere molto ottimisti, l’obiettivo fissato è di ricostruire integralmente l’edificio con funzione prevalentemente agricola di epoca tardo repubblicana con tutti gli arredi e le suppellettili, per far vedere come funzionava. La ricerca sta dando risultati anche dal punto di vista della ricostruzione dei profili ambientali antichi, dalla salina alla laguna. Il meno a cui possiamo tendere è una ricostruzione virtuale da riportare in museo e restare in attesa di fondi per una possibile, e difficile da attuare, ricostruzione integrale del sito.

Avete già instaurato contatti con qualche museo per esporre i risultati della ricerca?
C’è una forte interazione con il Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma e il direttore Valentino Nizzo, rapporti molto stretti con la rete dei musei locali (in corso di ristrutturazione) e naturalmente con la società Parchi della Val di Cornia.

Nel caso in cui foste interessati ad aiutare le ricerche e le attività dello scavo di San Giovanni vi ricordiamo il link dove potrete trovare tutti i dati relativi al crowdfunding: San Giovanni WANTS you!

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